Sfogliando l’album dei ricordi con i volti degli uomini che fanno parte di noi, della nostra storia, non si può certo dimenticare lo “Zio d’America”, presidente della grande Lazio che conquistò lo scudetto nel 1974: Umberto Lenzini. Per raccontardi lui servrirebbe tantissimo tempo, perciò vado a riassumere, anche se il termine è forse inappropriato, i momenti più significativi della sua vita: dal ritorno in Italia, all’amore per lo sport, alla Lazio ed alla scoperta di un giovane calciatore ed un giovane allenatore che nel tempo sarebbero diventate vere icone biancocelesti. 

 Scomparso in quella fredda giornata di trent’anni fa, 22 febbraio 1987, “Sor Umberto” naturalizzato italiano, nacque in America, Colorado 20 luglio 1912, figlio di emigranti andati in cerca di fortuna negli Stati Uniti. Il duro lavoro nell’emporio ove si vendeva la farina alla pistola Colt, fruttò bene e quando Lenzini aveva 15 anni fecero ritorno nel Bel Paese. 

UN AMERICANO A ROMA- Ottimo sttudente di ragioneria presso l’istituto “duca degli Abbruzzi”, era amante dello sport e del calcio in particolare. Cercò di giocare in Italia di giocare ma a causa del suo status di cittadino americano non poteva essere tesserato. Finalmente venne chiamato dalla Pistoiese e potè giocare partite vere nel ruolo di libero. Passò poi alla Rondinella, alla Fortitudo e alla Juventus Roma, fu scartato dalla Lazio da Dino Canestri. In seguito abbandonò il ruolo da ala sinistra e divenne un brillante centrometrista conquistando il titolo italiano dei giovani fascisti. La famiglia Lenzini finita la guerra si dedicò alle costruzioni edificando molte zone di Roma Nord,  dalla Balduina alla Pineta Sacchetti, sino alla Tomba di Nerone. 

LENZINI IL PRESIDENTE- L’amore per il calcio non fu mai completamente dimenticato e nel 1964 entrò nel Consiglio di Amministrazione della Lazio con la nomina di vicepresidente insieme a Miceli, il Generale Vaccaro era allora Presidente. L’entrata di Lenzini fu una boccata d’aria fresca per le casse del club capitolino ed appena un anno dopo, novenmbre 1965, venne eletto in un’assemblea di soci Presidente. Dopo la retrocessione del ’67, il ritorno nella Massima Serie fu festeggiato nel 1969 con una grande festa a Villa Miani e durante questa, Umberto Lenzini presentò tre nuovi acquisti allora sconosciuti ma che divennero poi nostre bandiere e protagonisti di quello storico scudetto: Franco nanni, Pino Wilson ed un certo Giorgio Chinaglia. 

CHINAGLIA E MAESTRELLI- Chinaglia ripagò subito la fiducia di tutti gli adetti ai lavori e nella stagione 1969/1970 il giovane attaccante si mise in mostra segnando svariate reti. Tra l’allora tecnico argentino Lorenzo ed il presidente però non correva buon sangue e questo serpeggiare di malumore trovò l’epilogo con l’esonero dell’allenatore. L’apice si raggiunse dopo un Lazio-Foggia nel 1971 con una lite esplosa davanti gli occhi incerduli dei giocatori. Lenzini contattò in segreto un ex arbitro internazionale che aveva mostrato simpatie per i biancocelesti, Sbardella, nominandolo Direttore Sportivo. La prima decisione da prendere fu quella di ceracare un allenatore capace di rompere col passato e qui la strada della Lazio, incrociò quella di un tecnico che, seppur retrocesso col Foggia, aveva fatto bene negli anni precedenti: Tommaso Maestrelli. I tifosi al principio storsero il naso per il passato da giocatore della Roma di Maestrelli, ma Lenzini tirò dritto per la sua strada sicuro di aver avuto la giusta intuizione e ne fu ripagato dopo pochissimo tempo. Cosa chiedeva il nuovo allenatore? La conferma assoluta di Chinaglia e la rinuncia a ben 500 milioni di lire offerti per l’attaccante.

Da qui la storia è nota e parla di un piccolo miracolo sportivo che vide una squadra tornata dalla retrocessione conquistare il mondo e quello storico scuidetto. Anche chi come me non era nato ancora, avrà visto l’ immagine di “Sor Umberto” nel lontano 12 maggio 1974 accolto con un boato da oltre 90 mila tifosi nel suo giro del campo, quello della vittoria.

Tutti sanno che poi seguirono anni travagliati che a brevi linee hanno distorto la nostra storia acutizzandone i lati più bui, l’arresto di Manfredonia, Wilson , Giordano e Cacciatori, il malore del presidente quando vide i suoi giocatori tratti in arresto, la condanna della Lazio e così nel 1981 la società fu ceduta a Gian Chiarion Casoni. Umberto Lenzini però fu amato dai suoi tifosi ed esaltato dalla stampa. Si allontanò dalla sua Lazio, sporadicamente lo si vedeva allo stadio, ma apprese con gioia che il figliol prodico Giorgio Chinaglia ne era diventato presidente. Morì a Roma il 22 febbraio 1987 circondato dalla sua famiglia, ora riposa nel cimitero del Verano. 

Yes We Lazio si unisce al ricordo commosso dello “Zio d’America”, il grande Presidente Umberto Lenzini.

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