Il Palermo fa una bella figura contro una Lazio ancora alla ricerca di se stessa.

Ci risiamo, purtroppo. Il paziente Lazio è ancora malato, nonostante la settimana di cura e riposo seguita alle due sconfitte consecutive contro Milan e Roma. Chi si aspettava una veemente reazione d’impeto e d’orgoglio  è ritornato dunque  a casa con la mestizia dipinta sul volto e con la consapevolezza che questa Lazio è troppo brutta per essere vera, troppo lontana da quella squadra che l’anno scorso ha stupito gli addetti ai lavori per il suo gioco frizzante e brioso. Già nella prima frazione, si era del resto capito quale sarebbe stato l’andazzo che avrebbe preso questa gara; mentre il Palermo, ben disposto in campo da Ballardini, ha fatto circolare ottimamente la palla non soffrendo quasi mai in difesa e sfruttando in maniera egregia le ripartenze orchestrate da Vazquez con la preziosa collaborazione di un inesauribile Lazaar (il marocchino ha vinto nettamente il confronto con un irriconoscibile Felipe Anderson che sembra essere ritornato il brutto anatroccolo dei primi anni) sulla sinistra e di un ottimo centrocampo che ha sovrastato nettamente quello avversario (Biglia e Parolo non si sono praticamente quasi mai visti, giocando con sufficienza), i ragazzi di Pioli, sfilacciati e disuniti come non mai, hanno fatto di tutto per complicarsi la vita, sbagliando i disimpegni più elementari e non arrivando quasi mai ad impensierire Sorrentino. Se si eccettua la troupe serbo-bosniaca (Lulic, Milnkovic- Savic e Basta, escluso Djordjevic, un vero e proprio ologramma nell’area di rigore rosanero), Marchetti, decisivo con degli ottimi interventi nella seconda frazione di gioco e un pò Keita, l’unico a superare qualche volta l’avversario ed a provare la conclusione nello specchio della porta, nessuno può dirsi salvo dal grigiore generale che ha avvolto lo stadio Olimpico. La chiave di volta che ha fatto pendere il pendolo della gara verso i colori rosaneroè stata sicuramente la prestazione incolore della linea mediana biancoceleste che, come anticipato, ha nettamente perso il confronto con la corsa e la reattività di Chochev, la marcatura asfissiante di Brugman su Biglia e la qualità di Vazquez ed Hiljemark. E non inganni il rigore a dire il vero fortunoso che Lulic è riuscito a conquistarsi e che Candreva è riuscito a trasformare perchè è stata solo un lampo causale in un cielo sereno. Questa Lazio avrebbe meritato la sconfitta forse ancor di più che nelle settimane precedenti perchè non è mai riuscita a sporcare i guantoni all’estremo difensore ospite e si è affacciata dalla sue parti solo in modo casuale, senza azioni collettive. Siamo per questo sinceri ed obiettivi nell’affermare che senza quella compattezza di gioco e di spogliatoio messa in mostra pochi mesi fa e senza l’apporto dei suoi giocatori di maggior talento, questa squadra potrà aspirare al massimo ad un settimo o ottavo posto.

I migliori

Marchetti: decisivo nel secondo tempo con alcune ottime parate, si riscatta dalle ultime opache prestazoini.

Milinkovic- Savic: il talentino serbo è l’unico che nel cerchio di centrocampo prova a costruire e ad inventare qualcosa ma predica nel deserto visto che stranamente, l’apporto dei compagni di maggior esperienza viene totalmente a mancare.

 

I peggiori

Felipe Anderson: Perde alla lunga il confronto con Lazaar, non riuscendo mai a saltare l’uomo e sbagliando i passaggi anche piu’ elementari. Il talento brasiliano, è evidente, sta attraversando un momento no sia dal punto di vista fisico che mentale ma la Lazio dovrà fare di tutto per recuperarlo  se vorrà sperare di risalire la china in classifica.

Biglia: Fa strano che un giocatore del suo calibro risulti tra i peggiori in campo ma purtroppo è così. Francobollato da Brugman, viene completamente inghiottito dalla diga siciliana, perdendo numerosi palloni e non riuscendo ad impostare il gioco come al suo solito.

Parolo: Probabilmente l’infortunio si fa ancora sentire perchè il numero sedici biancoceleste è lontano anni luce da quello stato di forma che lo aveva fatto diventare un perno insostituitibile del centrocampo di Pioli e della Nazionale. Lento, macchinoso ed impacciato da alcune settimane, deve lavorare sodo per ritrovare la condizione migliore.

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